Il conto corrente offre l’opportunità di trarre guadagno dalle somme depositate grazie agli interessi attivi, il cui ammontare può variare a seconda della tipologia di conto e del flusso di denaro versato.
Ad esempio un conto deposito vincolato garantisce maggior profitto rispetto ad un conto aperto per l’accredito dello stipendio e la domiciliazione delle rate del mutuo.
Gli interessi di un conto corrente possono essere di diversa natura e non tutti garantiscono un profitto: si pensi agli interessi passivi di un prestito o addirittura agli interessi debitori per l’apertura di un fido. Alcune tipologie di conti correnti possono prevedere interessi attivi più alti rispetto ad altri, mentre nessuno di questi è esente da tassazione. Le imposte di bollo e la tassa sulle rendite finanziarie colpiscono infatti sia i conti correnti che i conti deposito.
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Vedi anche conti correnti remunerati.
Indice Contenuto
- 1 Tipologie di interesse sul conto corrente
- 2 Come funzionano gli interessi passivi e debitori sul conto corrente
- 3 Come calcolare gli interessi attivi sul conto corrente
- 4 Come calcolare gli interessi passivi e debitori sul conto corrente
- 5 Regime fiscale sugli interessi del conto corrente: l’imposta di bollo
- 6 Tassazione degli interessi attivi come rendita finanziaria
- 7 A chi spetta pagare la tassa sugli interessi
Tipologie di interesse sul conto corrente
In ambito finanziario per tasso di interesse si intende il compenso riconosciuto a colui che mette a disposizione del denaro a favore di un soggetto.
L’ammontare degli interessi su un conto corrente varia a seconda dello strumento finanziario scelto e delle condizioni contrattuali definite dalla banca. I più remunerativi sono i conti deposito, sia vincolati che non vincolati, mentre quelli con tassi di interesse inferiori sono i conti correnti tradizionali, utilizzati per le normali operazioni economiche.
Il termine “interessi bancari” è generale perché sul conto corrente possono essere presenti tassi di interesse di differente natura, talvolta legati al deposito di denaro, talaltra al tipo di operazione effettuata sul proprio conto. Volendo fare una panoramica, i più comuni sono gli interessi attivi e gli interessi passivi, mentre quelli meno frequenti sono gli interessi debitori.
Gli interessi attivi sono chiamati così perché rappresentano la remunerazione riconosciuta al correntista per aver messo a disposizione dell’istituto di credito una somma di denaro. Sono erogati obbligatoriamente ai titolari dei conti deposito, i quali scelgono questo strumento per proteggere i propri risparmi nel medio – lungo termine.
Se oltre ad essere di deposito il conto è anche vincolato (è possibile prelevare denaro solo a partire da una certa data), gli interessi attivi disposti dalla banca potrebbero essere più alti rispetto ad un conto deposito non vincolato (i cui soldi possono essere prelevati in qualsiasi momento). Difficilmente sono riconosciuti interessi attivi sul conto corrente tradizionale, a cui sono riservati vantaggi di diversa natura, come l’azzeramento delle spese di gestione per i primi anni o il canone zero se l’apertura avviene online.
Vedi anche differenza tra conto corrente e conto deposito.
Come funzionano gli interessi passivi e debitori sul conto corrente
Posto che gli interessi migliori sono quelli dei conti deposito vincolati, sui conti correnti potrebbero essere applicati gli interessi passivi. Il condizionale è d’obbligo, poiché gli interessi passivi sono riconosciuti allorché il correntista è debitore della banca, magari per un prestito o per la concessione di un mutuo.
Essi sono considerati dalla legge come il costo da sostenere ogni qualvolta si riceve in prestito del denaro: l’addebito diretto sul conto corrente personale è una forma di tutela che la banca utilizza per prevenire l’inadempimento del debitore.
Gli interessi debitori hanno caratteristiche simili agli interessi passivi, ma si differenziano da questi perché sorgono nel momento in cui il correntista si servirà del fido. Il fido bancario entra in gioco solo quando il conto corrente sia in rosso e solo se l’istituto abbia previsto questo tipo di strumento: l’assenza di accordi tra banca e correntista non comporta l’applicazione di interessi debitori.
Come calcolare gli interessi attivi sul conto corrente
Il calcolo degli interessi, siano essi attivi, passivi o debitori, richiede un’operazione matematica. Gli interessi attivi si calcolano generalmente su base annua prendendo come riferimento temporale 365 giorni. Questi dati, però, possono variare nel momento in cui il conto deposito sia vincolato per un periodo inferiore all’anno.
Attualmente gli interessi attivi oscillano tra lo 0,10% per i conti correnti e l’1,25% per i conti deposito vincolati. Il calcolo degli interessi attivi sarà quindi:
Capitale depositato x tasso di interesse x arco temporale (di solito 365 giorni) / (365 giorni x 100).
Con un deposito di 5000 euro si potrebbe avere come rendimento:
(5000 x 0,10 x 365) / (365 x 100) = 5 euro lordi per i conti correnti;
(5000 x 1,25 x 365) / (365 x 100) = 62,5 euro lordi per i conti deposito vincolati.
Come calcolare gli interessi passivi e debitori sul conto corrente
Il calcolo degli interessi passivi è un po’ complesso, poiché andranno valutati diversi fattori. Un esempio è la scelta del tasso di interesse variabile, fisso o misto applicato sul capitale concesso in prestito a cui si aggiungono i tassi di riferimento (Euribor ed Eurirs), il TAN ed il TAEG. Le percentuali di interesse possono variare inoltre a seconda del tipo di prestito, al piano di rientro del capitale prestato ed alla tipologia di finanziamento.
Il calcolo degli interessi debitori attualmente avviene direttamente sul proprio conto corrente, previa autorizzazione del correntista, attraverso questa semplice formula:
(numeri debitori x tasso di interesse debitorio x 100) / 356
Particolare attenzione merita la definizione “numeri debitori”: si tratta di valori calcolati in base ai giorni in cui il conto ha avuto un saldo negativo e al capitale utilizzato come fido bancario, il tutto in rapporto a 100.
Regime fiscale sugli interessi del conto corrente: l’imposta di bollo
Qualsiasi conto è soggetto a tassazione ed alcune imposte sono dovute a prescindere se si percepiscano interessi attivi. Un esempio tra tutti è l’imposta di bollo, applicata in misura differente sia ai conti correnti, sia ai conti deposito (vincolati e non vincolati). Per i conti correnti l’imposta di bollo è in misura fissa, pari a 34,20 euro con saldo medio annuale superiore a 5 mila euro se intestati a persone fisiche. I conti correnti intestati alle società sono soggetti ad un’imposta di bollo pari a 100 euro, a prescindere dal saldo medio annuale.
Il discorso cambia se lo strumento finanziario è un conto deposito, la cui imposta di bollo è proporzionale e pari al 2‰ (lo 0,20%). Questa percentuale è applicata a prescindere dal saldo medio annuale, a meno che il conto deposito sia vuoto: in questo caso l’imposta di bollo sarà pari ad 1 euro.
Sui conti deposito essa viene prelevata all’atto della rendicontazione ma assume come riferimento per il calcolo il giorno in cui è stato aperto il conto: poiché si calcola su base annuale, un conto aperto da pochissimo tempo subirà una tassazione ridotta in base al periodo di attivazione. Bisogna quindi prestare attenzione al giorno della rendicontazione ed alle attività del conto deposito, considerando che lo 0,20% è su base annua, non periodica.
Questo significa che qualora la rendicontazione fosse trimestrale, ogni 3 mesi l’imposta prelevata sarà pari ad 1/4 del dovuto e a fine anno essa raggiungerà lo 0,20% del totale.
Tassazione degli interessi attivi come rendita finanziaria
Un altro tipo di tassazione che incide sui conti correnti e sui conti deposito riguarda gli interessi attivi percepiti. L’aliquota attualmente applicata è del 26% su base annua, direttamente trattenuta dall’istituto bancario all’atto dell’erogazione degli interessi. La ragione di fondo che giustifica questo tipo di tassazione è l’equiparazione degli interessi attivi ai redditi da capitale, i quali a loro volta producono una rendita finanziaria, ossia un guadagno per il possessore del conto corrente.
Il fatto di trarre profitto dal deposito di denaro viene considerato dalla legge alla stregua di un reddito (come avviene nell’ambito lavorativo, con le rendite ottenute dall’affito di un immobile, ecc…) tassabile secondo la normativa fiscale vigente in un dato momento.
Calcolare la tassa sugli interessi attivi è un’operazione abbastanza semplice, nonostante sull’estratto conto risulti l’accredito diretto al netto delle trattenute fiscali.
Per le tasse sugli interessi attivi da conto corrente e conto deposito vige il principio di cassa, che prevede l’applicazione dell’aliquota del 26% solo nel momento in cui essi sono percepiti. Non si applica quindi il principio di competenza economica che prescinde dall’effettiva percezione dei redditi maturati.
L’operazione matematica è la seguente:
(ammontare interessi attivi x 26) / 100
il cui risultato andrà sottratto all’ammontare degli interessi attivi rilevati nel periodo d’imposta. Con tale operazione si otterrà la percentuale di tasse destinate all’erario e il rendimento netto percepito dal correntista. Il guadagno proveniente dal deposito di denaro su un conto corrente è inferiore rispetto al profitto che si trae con gli interessi attivi di un conto vincolato, ma in entrambi i casi il beneficio potrebbe essere minimo.
A chi spetta pagare la tassa sugli interessi
Un approfondimento merita l’identificazione del sostituto d’imposta, ovverosia del soggetto che si sostituisce al contribuente trattenendo le tasse dagli interessi attivi e versandole direttamente nelle casse dello Stato. Per i conti correnti ed i conti deposito i sostituti d’imposta sono le banche e gli istituti di credito con cui il correntista ha aperto il proprio conto.
Se il correntista è il contribuente su cui grava la tassazione degli interessi attivi, la banca ha l’obbligo di calcolare la tassa applicando l’aliquota e prelevandola direttamente dalla rendita. La stessa banca verserà al correntista gli interessi attivi al netto delle ritenute fiscali, che saranno visibili sull’estratto conto cartaceo o su quello telematico.
L’obbligo della banca di trattenere le tasse sugli interessi attivi è giustificato da un articolo del codice civile, il 1838. Questa norma serve inoltre a capire chi sia il sostituto d’imposta nel momento in cui oltre alla banca sia coinvolta anche una SGR nella gestione dei risparmi depositati sul conto: colui che si occupa del deposito dei titoli in amministrazione ha il dovere di applicare il regime fiscale previsto dalla legge.
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